"Sulle montagne dove i casolari sono rimasti incredibilmente arroccati nei secoli fuori dal mondo, la memoria è rimorso".
Sulle tracce di Francesco Biamonti, uno scrittore che si è "costruito per sottrazione", poeta e innovatore che attraverso il paesaggio ligure, chiuso e oppressivo, ha osservato l'uomo coltivare "un senso tragico della vita". "Letteratura del pessimismo", "isolamento e universalismo", e la scrittura come una sorta di "preghiera laica, come una sorta di meditazione, di riflessione morale abbinata al paesaggio".
Da domenica scorsa sono ospite dell'Atelier A di Apricale, un altro luogo-di-grazia in cui isolamento e universalismo si incontrano, e tra i sentieri dei boschi liguri l'immagine cerca la traccia della parola e si condensa nello stesso nulla rarefatto. Un'apparente impossibilità del racconto che segue le tracce dello scrittore: "illuminazione e conoscenza, illuminazione che abbaglia e conoscenza che si contraddice".
"Così si continua a indagare sul male, senza credere tuttavia di esserne indenni". Così si continua a cercare rimedio, e il rimedio è il cammino. Così ci si ostina a confidare che il senso di tutto sia nelle opere, nel fare, nel costruire (fasce, terrazze strappate alla roccia, un altro cortometraggio), in una rappresentazione cartografica che non potrà comunque che essere unidimensionale, piatta, semplice simulacro di un territorio con il suo tutto.
Così si continua a camminar viaggiando, a lavorar cercando, a immaginar vedendo.